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L’adeguatezza degli assetti organizzativi ai sensi del Codice della crisi e dell’insolvenza

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L’art. 375 del Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) interviene a modifica dell’art. 2086 c.c., statuendo il dovere dell’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e di attivarsi per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Inoltre, il Codice prevede a carico degli amministratori l’obbligo di mantenere adeguati assetti organizzativi, valutandone l’adeguatezza almeno ogni sei mesi. Considerato che le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 16 marzo 2019, è auspicabile che entro il prossimo 16 settembre tutte le società effettuino una prima valutazione dell’adeguatezza dei propri assetti organizzativi di cui si trovi evidenza in un verbale dello stesso consiglio.

 

Le modifiche apportate al codice civile

Il Codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, all’art. 12, comma 1, prevede, quali strumenti di allerta, oltre agli obblighi informativi dell’organo di controllo e dei creditori pubblici qualificati, il dovere dell’imprenditore di adottare adeguati assetti organizzativi, ai fini della tempestiva rilevazione degli indizi di crisi e della sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione. Gli strumenti di allerta entreranno in vigore il 15 agosto 2020; tuttavia, il Codice prevede l’immediata entrata in vigore, fin dal 16 marzo 2019, di alcune disposizioni, che, modificando il codice civile, impongono alle imprese di adottare da subito nuovi assetti organizzativi, modificando anche il regime di responsabilità degli amministratori e dei sindaci ed introducono anche meccanismi di predeterminazione del danno. Si tratta in particolare delle disposizioni contenute negli artt. 375, 377 e 379 del Codice.

In particolare, l’art. 375 ha modificato l’art. 2086 c.c., rubricato “Gestione dell’impresa”, introducendo un secondo comma, il quale prevede che: “l’imprenditore che, operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Il novellato art. 2086 c.c. ha inoltre determinato le modifiche degli artt. 2257, 2380-bis, 2409-novies e 2475 c.c., in cui viene introdotta la disposizione secondo cui “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma”. Tali ulteriori modifiche sono state previste per rendere coerente la disciplina dei vari tipi di società con la nuova formulazione dell’art. 2086 c.c. Difatti, l’obbligo dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo è già presente per le società per azioni ove è previsto ai sensi dell’art. 2381, quinto comma, c.c., per gli amministratori esecutivi di “istituire” adeguati assetti organizzativi e per gli amministratori non esecutivi ai sensi dell’art. 2381, terzo comma, c.c., di “valutare” gli adeguati assetti organizzativi.

 Attenzione
Il Codice estende infatti l’obbligo di adeguatezza a tutti i tipi di società di capitali e di persone, come previsto dalle disposizioni contenute nell’art. 377 del Codice della crisi e dell’insolvenza.

  • L’art. 2257, “Amministrazione disgiuntiva”, è così sostituito “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente”
  • L’art. 2380-bis, “Amministrazione della società”, è così sostituito: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”
  • L’art. 2409-novies, “Consiglio di gestione”, è così sostituito: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente al consiglio di gestione il quale compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”
  • L’art. 2475, “Amministrazione della società”, è cosi sostituito: “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479”

E’ chiaro che il legislatore ha voluto statuire che tutti gli imprenditori che operino in forma societaria o collettiva, indipendentemente dalle loro dimensioni, debbano istituire assetti organizzativi anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi. L’estensione delle disposizioni già previste per le società per azioni alle società di persone e alle s.r.l. non convince, in quanto risulta difficile immaginare quale possa essere l’assetto organizzativo adeguato alle società di piccole dimensioni.

Per quanto riguarda le novità introdotte in merito alle s.r.l., sembra inoltre che tutti coloro che concorrono a formare le decisioni gestorie hanno il dovere di prestare la loro opera al fine di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

Alcuni giuristi (Guidotti, 2019) ritengono che innanzitutto sarebbe stato più opportuno individuare l’organo responsabile della creazione di assetti organizzativi adeguati.

Molto discussa anche (Latella, 2019) la previsione introdotta dal novellato art. 2475 c.c., che riformula le norme civilistiche sulla gestione delle società personali e di capitali, prevedendo che “la gestione spetti esclusivamente agli amministratori”. L’avverbio “esclusivamente” da un punto di vista normativo risulta in contrasto con la disciplina sia delle s.r.l., che delle società di persone. Con riferimento alle s.r.l., la devoluzione della gestione esclusivamente agli amministratori sembra contraria alle disposizioni contenute nell’art. 2479 c.c., che prevede la possibilità che le “decisioni dei soci si occupino delle scelte gestionali” ed anche con quelle previste dall’art. 2476, settimo comma, c.c., relative alla “responsabilità dei soci che hanno deciso o autorizzato atti di gestione”. Ancora più difficile conciliare le nuove disposizioni con la normativa relativa alle società di persone, soprattutto con il principio della responsabilità illimitata dei soci.

E’ chiaro che le norme riformate saranno oggetto di problemi interpretativi che probabilmente verranno risolti prevedendo negli statuti alcune clausole gestorie, volte alla diversa articolazione dei poteri di amministrazione tra amministratori e soci.

Il nuovo art. 2086 c.c. non cita l’impresa individuale, riguardo alla quale il Codice non impone un obbligo vero e proprio di adeguatezza organizzativa, bensì solo di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte (art. 3, comma 1).

 

Come definire assetti organizzativi adeguati alle PMI

Per la definizione di un adeguato assetto organizzativo il legislatore non ha previsto uno standard di riferimento né una prassi da seguire, delegando all’organo gestionale in sede collegiale la valutazione della sua adeguatezza. Certamente per le imprese collettive prive per tipologia dell’organo gestionale collegiale o di organo di controllo (società di persone e s.r.l. sotto soglia di cui all’art. 2477 c.c.) tale incombenza non sarà semplice, anche considerando che un eventuale deficit valutativo impatterà sul piano delle responsabilità della tempestiva segnalazione della crisi e relativa perdita delle misure premiali.

La nuova normativa richiede agli amministratori di procedere in modo sequenziale in tal senso.

  1. Necessità di individuare un assetto organizzativo idoneo alla tempestiva rilevazione dei sintomi della crisi
  2. Valutare le conseguenze che derivano dalla inottemperanza al dovere di dotarsi di adeguati assetti organizzativi
  3. Attivare senza indugio gli strumenti di allerta

Nello specifico va ricordato che gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa sociale devono già essere predisposti dagli amministratori delegati ai sensi dell’art. 2381, quinto comma, c.c., che così statuisce: “Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate”.

L’ordinamento italiano prevede già l’attivazione di un meccanismo di allerta, disciplinato dall’art. 2482-bis c.c., che impone agli amministratori di intraprendere o a proporre all’assemblea dei soci di intraprendere misure correttive in caso di riduzione del capitale sociale per perdite, qualora alla perdita registrata si associ il verificarsi della causa di scioglimento data dalla riduzione del capitale al di sotto dei minimi di legge (art. 2483-ter c.c.). In realtà, tale strumento di allerta è poco significativo per il Codice della crisi e dell’insolvenza, in quanto trattasi spesso di un indicatore troppo tradivo. La perdita del capitale rappresenta certamente una manifestazione della crisi tardiva successiva alle difficoltà economiche e soprattutto finanziarie. Dell’importanza della dimensione finanziaria e soprattutto del suo equilibrio si ha evidenza nel Codice, che recepisce l’approccio secondo cui la crisi ha prima di tutto una manifestazione finanziaria: essa infatti si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a fare fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate (art. 2) ed anche con i riferimenti all’esistenza dell’insolvenza, quando i flussi di cassa dei successivi sei mesi sono inferiori ai debiti finanziari da rimborsare (art. 13).

Pertanto, è necessario che la definizione di adeguati assetti organizzativi sia finalizzata in primis sotto il profilo strutturale ed operativo a consentire il monitoraggio continuo dell’equilibrio finanziario. Ciò anche in riferimento alle norme che impongono agli organi di controllo societari, al revisore contabile, nonché alle società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, tra l’altro, l’equilibrio economico e finanziario (art. 14).

Potrebbe risultare utile e opportuno recepire un modello di organizzazione aziendale ormai riconosciuto a livello internazionale e accettato e sperimentato anche nel nostro ordinamento, ossia il CoSo Report e soprattutto il framework dedicato all’Enterprise Risk Management, ovviamente opportunamente adattato alle dimensioni e natura delle società italiane. Si tratterebbe di costruire un modello organizzativo in cui siano presenti almeno i 5 elementi costituenti e, precisamente:

  1. ambiente di controllo;
  2. risk assessment;
  3. attività di controllo;
  4. flussi informativi;
  5. monitoring.

Consapevoli delle difficoltà di implementare un simile modello organizzativo in imprese piccole e medie, si potrebbe auspicare uno standard minimale del processo di controllo interno, che almeno preveda:

  • la costruzione di budget previsionali;
  • la costruzione di cash-flow periodici;
  • la valutazione costante degli scostamenti tra dati previsionali e consuntivi;
  • l’analisi dei costi;
  • il monitoraggio continuo di due grandezze segnaletiche quali il MOL e la PFN.

In realtà si tratterebbe di sensibilizzare sempre più le piccole e medie aziende italiane all’importanza del recepimento della contabilità analitica industriale, quale strumento di adeguata gestione. In tale modo si potrebbe perfezionare la necessità dell’esistenza di due diverse tipologie di controlli societari ossia:

  • i controlli per la gestione, costituiti dall’adozione da parte degli amministratori di strumenti di prevenzione della crisi e salvaguardia della continuità aziendale di cui la definizione degli adeguati assetti organizzativi sono componente rilevante;
  • i controlli sulla gestione avente carattere di verifica, correzione, censura, che competono agli organi non gestori (sindaci, revisori) e a risorse specifiche fra cui agli internal auditors.

 

La responsabilità degli amministratori in merito agli adeguati assetti organizzativi

Il Codice prevede a carico dell’amministratore la responsabilità “organizzativa”, ossia egli deve istituire e mantenere operativi tali assetti prima dell’emersione della crisi. E’ pertanto necessario che si attivi in tal senso sin dalla sua entrata in carica: non appena nominato, l’amministratore deve istituire un adeguato assetto organizzativo, se ancora non esistente, e ne deve curare (quando delegato) o valutare (quando delegante) l’adeguatezza (artt. 2086 e 2381 c.c.). In realtà esiste da sempre in capo agli amministratori anche l’obbligo generico di amministrare l’impresa con diligenza (art. 2392, primo comma, c.c. ), ritenuto comaunque inadeguato proprio per la sua indeterminatezza a intercettare tutti i casi di responsabilità connessi alla crisi di impresa.

Pertanto, gli obblighi in tema di responsabilità organizzativa a carico degli amministratori vanno ricercati nelle disposizioni contenute nell’art. 2381 c.c. ed in ossequio anche alla novità prevista dall’art. 377 del Codice della crisi, che ha riscritto il primo comma e aggiunto il nuovo sesto comma all’art. 2475, rubricato “Amministrazione della società”, per cui:

  1. La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479.
  2. All'atto di nomina degli amministratori si applicano il quarto e quinto comma dell'articolo 2383.
  3. Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere, salvo quanto disposto nell'ultimo comma del presente articolo, che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente; in tali casi si applicano, rispettivamente, gli articoli 2257 e 2258.
  4. Qualora sia costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dagli amministratori devono risultare con chiarezza l'argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa.
  5. La redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale ai sensi dell'articolo 2481 sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo.
  6. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2381.

L’amministrazione della società deve pertanto essere svolta in ossequio ai novellati articoli ed in particolare, nello specifico, al fine delle nuove disposizioni previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza, agli obblighi già in vigore dal 16 marzo 2019:

  • art. 2381, terzo comma, c.c.: “Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sè operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione”;
  • art. 2381, quinto comma, c.c.: “Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate”.

 Attenzione
Dalla lettura congiunta di queste due disposizioni è chiaro che il consiglio di amministrazione deve valutare l’adeguatezza degli assetti, nonché dei piani e il generale andamento della gestione almeno ogni sei mesi.

Considerato che le nuove disposizioni ai sensi del Codice della crisi e dell’insolvenza sono entrate in vigore il 16 marzo 2019, è auspicabile che nel prossimo autunno (la scadenza semestrale sarebbe il 16 settembre 2019) tutte le società abbiano modo di una prima valutazione dell’adeguatezza dei propri assetti organizzativi di cui si trovi evidenza in un verbale dello stesso consiglio. Ciò anche per supportare le funzioni degli organi di controllo anche e soprattutto per tutte le società che, trovandosi sopra soglia, saranno obbligate alla costituzione, a fare data dal 16 dicembre 2019.

L’obbligo degli amministratori di una adeguata valutazione almeno ogni sei mesi trova coerenza con le disposizioni contenute nell’art. 13 del Codice della crisi e dell’insolvenza, secondo il riferimento per cui «gli indici della crisi devono fornire evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno 6 mesi successivi …». Ma è certamente in contrasto con:

  1. gli obblighi di segnalazione a carico dei sindaci, revisori e creditori pubblici qualificati, riconducibili sostanzialmente al trimestre;
  2. il riconoscimento delle misure premiali (art. 24 del Codice), secondo cui è precluso al debitore che presenta istanza di composizione assistita della crisi (art. 19 del Codice) oltre 3 mesi dal superamento, nell’ultimo bilancio approvato, o comunque per oltre tre mesi, dagli indici della crisi (art. 13).

In attesa di chiarimenti in merito a con quale periodicità effettuare i controlli, certi che molto dipenderà dal livello di crisi e dalle dimensioni e tipologie delle società, potrebbe essere auspicabile effettuare controlli con cadenza almeno semestrale e, in presenza di indizi di crisi, i termini saranno necessariamente più brevi.

 Ricorda
Le nuove disposizioni contenute negli artt. 2086 e 2381 c.c. sono già in vigore dal 16 marzo 2019.

 

 

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