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Rimborsi spese forfettari per le trasferte dei dipendenti

I rimborsi spese forfettari ai dipendenti in caso di trasferta sono oggetto di due risposte da parte dell'Agenzia delle Entrate, su altrettanti interpelli. Con la Risposta ad Interpello del 23 luglio 2019, n. 304 l'AdE chiarisce la corretta imposizione fiscale a cui devono essere assoggettati eventuali rimborsi spese forfettari corrisposti ai lavoratori dipendenti a ristoro delle spese di trasporto, vitto e alloggio dagli stessi sostenute durante l’invio in missione o trasferta al di fuori del comune ove è ubicata la sede di lavoro. L'Agenzia interviene inoltre, con la Risposta all'Interpello n. 312 del 24 luglio 2019 in merito agli adempimenti come sostituto d’imposta da parte di soggetto estero non residente che abbia alle dipendenze lavoratori dipendenti.

Interpello 24 luglio 2019, n. 304

Quesito: Come deve essere trattato l’eventuale rimborso delle spese forfettario corrisposto direttamente sul conto corrente del lavoratore a ristoro delle eventuali spese sostenute per trasporto, vitto e alloggio in caso di invio in missione o trasferta?

Soluzione del contribuente: Considerata la natura del rimborso, i predetti emolumenti non possono configurare un’integrazione del reddito assoggettabile a ritenuta IRPEF, ma perseguono lo stesso fine cui tende il rimborso analitico delle spese per vitto e alloggio. Pertanto, in tema di ritenute sui redditi di lavoro dipendente, tali somme devono ritenersi esenti e quindi non assoggettabili alle trattenute contributive e fiscali ai sensi delle disposizioni previste dal TUIR.

Parere dell’Agenzia delle Entrate: In primo luogo ai sensi dell’art. 49 i redditi di lavoro sono determinati in base al principio di onnicomprensività, previsto dall’art. 51, comma 1 , in applicazione del quale costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, anche da terzi, nel periodo d’imposta, a qualunque titolo ed anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Pertanto, tutte le somme corrisposte, anche a titolo di rimborso spese, al lavoratore in ragione del suo status di dipendente costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente, salvo quanto statuito dai commi 2 e seguenti del citato art. 51.

 Attenzione
L’art. 51 del TUIR definisce il regime fiscale da applicare alle somme corrisposte al dipendente, nell’ipotesi in cui sia incaricato di svolgere l'attività lavorativa al di fuori della normale sede di lavoro (c.d. trasferte o missioni), distinguendo a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del comune ove è ubicata la sede di lavoro.

Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito, mentre le trasferte fuori del territorio comunale sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso (analitico, forfetario o misto).

 Attenzione 
Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente euro 46,48 al giorno, elevate ad euro 77,47 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto (tenuto conto delle eventuali riduzioni in caso di riconoscimento delle spese di vitto e/o alloggio).

Pertanto, in merito al quesito posto, i rimborsi spese forfettari corrisposti a ristoro delle spese di trasporto, vitto e alloggio - rientrando nel regime delle c.d. “diarie” - dovranno sottostare alla disciplina dell’art. 51, comma 5 del Tuir e quindi essere assoggettate ad imposizione fiscale qualora superiori ai limiti giornalieri previsti (euro 46,48 per trasferte in Italia e euro 77,47 se all’estero).

 

Interpello 24 luglio 2019, n. 312

Quesito: Una società di diritto spagnolo che svolge attività di gestione e amministrazione di valori mobiliari di soggetti residenti e non residenti in Spagna, ha deciso di assumere un lavoratore dipendente residente in Italia e con attività svolta sempre in Italia. L’assunzione del dipendente sarà effettuata inizialmente in assenza di uffici “fisici” e successivamente sarà istituito un ufficio di rappresentanza in Italia. In mancanza di una sede fisica in Italia, come deve operare il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta?

Soluzione del contribuente: Non risulta necessario operare in qualità di sostituto di imposta e, conseguentemente, non sussiste alcun obbligo di applicazione delle ritenute alla fonte a titolo di acconto sui redditi di lavoro dipendente che saranno corrisposte.

Parere dell’Agenzia delle Entrate: L’art. 64, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, definisce sostituto d’imposta il soggetto obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili.

 Attenzione 
L’istituto della sostituzione d’imposta, con il quale il sostituto è tenuto, con obbligo di rivalsa, ad adempiere alla obbligazione tributaria altrui, oltre a rispondere a un’esigenza di semplificazione dei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e la pluralità di contribuenti, concretizza, altresì, l’interesse alla sicura riscossione dei tributi.

L’art. 23, comma 1, D.P.R. n. 600/1973 individua, in modo tassativo, i soggetti obbligati a operare, in qualità di sostituti di imposta, le ritenute alla fonte sui redditi per i quali è prevista l’applicazione di dette ritenute, fra i quali gli enti e le società indicati nell’art. 73, comma 1, del TUIR (le società ed enti di ogni tipo compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato e pertanto anche i soggetti non residenti nel territorio dello Stato).

Ai sensi della Circolare del Ministero delle Finanze 326/1997 gli enti e le società non residenti assumono la qualifica di sostituto d’imposta limitatamente ai redditi corrisposti da una loro stabile organizzazione o base fissa in Italia.

Stante l’assenza di stabile organizzazione in Italia, l’istante, non rivestendo il ruolo di sostituto d’imposta, non è tenuta ad applicare le ritenute sui corrispettivi erogati al proprio dipendente in Italia. Resta inteso che, ove il personale dipendente assunto in Italia disponga del potere di concludere contratti in nome della società interpellante, e di fatto lo eserciti, si dovrà valutare se la società medesima disponga, nel territorio dello Stato, di una stabile organizzazione, anche in assenza di una struttura fissa (c.d. stabile organizzazione personale).

 

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